In questi giorni di isolamento forzato tutti i canali di informazione ci hanno convinto che stiamo affrontando senza armi una battaglia contro un nemico invisibile: il Coronavirus.
E’ vero, ancora non possediamo le armi per sconfiggerlo, ma già possediamo quelle per combatterne le conseguenze!
Noia, pazienza, capacità di adattamento e mancanza… altri nemici invisibili di cui tutti parlano e di cui tutti hanno paura. Pare che il Coronavirus sia arrivato con un esercito insidioso!
Tutto questo è falso. Noia, pazienza e mancanza sono nostri alleati. Non sono nostri nemici, sono le nostre armi!
Impariamo insieme ad apprezzarne i benefici.
LA NOIA.
La noia è qualcosa di “moderno” o è sempre esistita?
Gli antichi romani, ad esempio, non conoscevano la parola “noia”, che deriva dalla lingua provenzale, ma praticavano l’”otium”, una ricerca attiva di piaceri. Gli antichi godevano perciò della bellezza del tempo vuoto attraverso attività contemplative come conversare su temi stimolanti, filosofici, religiosi o politici. Al contrario di noi uomini moderni, l’uomo antico aveva dunque un rapporto più armonico con quella sensazione di vuoto che caratterizza la noia.
La noia non è una condizione sempre negativa! Se accolta senza commento e senza cercare di tacitarla con dei riempitivi, può aiutarci a trovare gli stimoli giusti per “ripartire”. La noia ci spinge a uscire dall’apatia che lei stessa crea attirando la nostra attenzione su qualcosa d’insolito, di inaspettato, di nuovo: può farci cogliere una frase importante di un discorso altrimenti noioso, o un atteggiamento interessante di un’altra persona, che prima non avevamo notato.
La noia deve spingerci a cercare: prima dentro, poi fuori di noi. Spontaneamente ci accorgeremo che c’è una nuova persona da scoprire e conoscere, un nuovo aspetto dello studio o del lavoro da approfondire, un’idea interessante che sorge dalle nuvole grigie della noia stessa.
Possiamo trarne una possibilità in più per vivere meglio la nostra vita!
LA PAZIENZA.
Che cosa significa la parola “pazienza”? Le radici stesse della parola rimandano a qualcosa di doloroso: “sopportare, soffrire, tollerare”. Essa può essere pensata anche come un’imprescindibile condizione riguardante il tempo: non il tempo assoluto della fisica, bensì il tempo psicologico, ovvero come si avverte e si percepisce il trascorrere di ogni giorno. Qualsiasi cosa o evento che possiamo immaginare richiede e ingloba, senza eccezioni, un “pezzetto” di tempo necessario a portare a compimento ciò che è stato cominciato. Qualunque porzione di tempo scelta (per vivere un amore, programmare un viaggio, fare un figlio…) si denota per lunghezze di tempo diverse e quindi per un tipo di pazienza limitata o illimitata, superficiale o profonda. Un nuovo piccolo essere umano richiede una porzione di tempo molto lunga per arrivare fino alla vecchiaia e, di conseguenza, una pazienza diffusa e resistente. Il tempo inerente a un’iniezione è invece breve, perciò anche la pazienza avrà una misura accettabile. Se invece si corteggia una persona, è più difficile prevedere la porzione di tempo che sarà necessaria: sarà proporzionale al nostro interessamento ma anche a quello della persona interessata, a fattori dunque che sfuggono del tutto al nostro controllo. Quanto detto chiarisce che avere pazienza richiede a volte anche un investimento emotivo non quantificabile né immaginabile a priori. Se si cade nella pericolosa semplificazione che “il tempo è denaro”, difficilmente saremo disposti ad accettare che ogni cosa esige del tempo e “soffrire il tempo” è quasi sempre l’unica chiave per aprire le porte di quello che desideriamo.
Se un evento fortuito sbarra momentaneamente la nostra strada, è psicologicamente opportuno porsi in uno stato d’animo contemplativo da cui venga allontanata la maggior parte possibile di frustrazione e subentri invece un sentimento di attesa fiduciosa.
Potremmo anche accorgerci che uno scopo, apparentemente voluto, non riesce a richiamare la pazienza necessaria: probabilmente non lo vogliamo così tanto! Questa consapevolezza semplifica la nostra vita emotiva e ci risparmia battaglie inutili. La pazienza dovrebbe quindi essere un filtro necessario capace di smussare asperità e veleni psicologici, perché di frustrazione e rabbia ci si può intossicare. Uno dei modi migliori con il quale ci si può rapportare al tema pazienza/adattamento è cercare di astenersi da giudizi nel momento in cui siamo vittime del suo contrario, l’impazienza. Se non sono possibili soluzioni alternative a quel che sta accadendo, mettetevi in stato di attesa. Dedicatevi ad un piccolo particolare che attira la vostra attenzione oppure richiamate alla memoria un evento del passato che ha avuto esito positivo. Cercate di liberare la mente, come quando si fissa un raggio di sole che, entrando da una finestra, fa brillare il pulviscolo dell’aria. Lasciatevi assorbire da tale sensazione e pensate che vi state regalando una porzione di tempo: un regalo, non una perdita.
L’universo non funziona come un orologio, in realtà fa pause e salti inaspettati. Tutti ne facciamo parte, non ne siamo né fuori né al di sopra; quindi, se esercitiamo quello stato d’animo salutare chiamato pazienza, siamo in linea e in accordo con l’universo. Se una pianta potesse dare un nome alla porzione di tempo durante la quale aspetta di crescere e di avvicinarsi al sole, la chiamerebbe pazienza.
LA MANCANZA.
Secondo la mitologia greca, Penìa è la dea che rappresenta la personificazione della povertà e del bisogno. Si sposò con Poro, dio dell’ingegno e dell’espediente, e fu madre di Eros, il dio dell’amore. Secondo differenti versioni del mito, Eros avrebbe altri genitori (Afrodite e Ares), ma l’esistenza di anche questo racconto relativo alla nascita del dio dell’amore è psicologicamente significativo. L’uomo rincorre sempre qualcosa di cui avverte la mancanza e la spinta che si determinata è un elemento imprescindibile dell’agire umano da sempre.
La mancanza è la molla che scatena il desiderio, impariamo a goderne!