La paura della morte è una di quelle paure primarie di cui non possiamo sottovalutare il valore evoluzionistico, è ciò che ci permette di sopravvivere.
Quello a cui stiamo assistendo in questo momento è un fenomeno di paura di massa. Diversi fattori portano allo svilupparsi e al cronicizzarsi di paure relative alle malattie. Uno di questi è, ad esempio, l’educazione e il clima familiare. Immaginiamo una famiglia in cui si cresce con l’idea che è pericoloso prendere un raffreddore o stare male: il bambino o la bambina crescerà con questo continuo terrore e molto probabilmente svilupperà nella prima giovinezza o dall’adolescenza in poi una polarizzazione molto forte nei confronti di tutto ciò che è collegato alla malattia.
Immaginiamo che una persona, ad un certo punto della sua vita, percepisca una forte vulnerabilità fisica, sviluppando una malattia grave da cui riesce poi a guarire. Questo è un altro tipico fattore che può sviluppare una cronicizzazione nei confronti della paura patologica delle malattie.
Esiste un fattore, invece, che è strettamente collegato a ciò che stiamo vivendo in questo momento: il fattore vicario. Non accade qualcosa direttamente a me, ma accade qualcosa ad altri; di conseguenza, entriamo in contatto con notizie particolarmente allarmanti relative ad eventi che avvengono ad altre persone. Assistiamo oggi ad una suggestionabilità di massa. In psicologia, l’ Effetto Werther descrive la suggestione e l’immedesimazione delle persone quando si confrontano con una notizia dalla fortissima rilevanza mediatica, arrivando persino ad apprendere ed emulare i comportamenti in questione. Il nome di tale fenomeno deriva da un episodio avvenuto due secoli fa dopo l’uscita de “I dolori del giovane Werther” di Johann Wolfgang Goethe. Il protagonista conclude tragicamente la sua esistenza sparandosi per un amore non corrisposto. Ci fu poi un fenomeno emulativo in tutta Europa e si calcola che circa 2000 ragazzi non corrisposti replicarono il tragico gesto. L’Effetto Werther colpisce anche le percezioni, non soltanto i comportamenti. Una comunicazione mediatica focalizzata su un unico fenomeno determina perciò nelle persone suggestione, immedesimazione ed un allineamento percettivo. Come potrebbero le persone non spaventarsi in un tale clima?
Se la comunicazione di massa ha un fortissimo effetto suggestivo, anche la comunicazione individuale produce però lo stesso fenomeno. Noi psicologi sosteniamo che la comunicazione costruisce la percezione. La comunicazione interpersonale di un argomento è di per sé un amplificatore del segnale: più parliamo di qualcosa, più creiamo quel tipo di percezione. È come lanciare un grido di allarme in una cassa di risonanza: l’eco che mi torna indietro è infinito.
Attenzione, però, all’effetto paradosso: l’ansia e la paura patologica della malattia debilitano il nostro sistema immunitario esponendoci maggiormente al rischio di contrarla.
L’esposizione allo stress innesca un aumento in particolare di cortisolo e adrenalina, secreti dalle ghiandole surrenali. Questi “ormoni dello stress” innescano reazioni a catena che conducono, tra le altre cose, a un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. Il cortisolo riduce le difese immunitarie. Dunque, un’esposizione continua allo stress determina un deterioramento del sistema immunitario, riducendo la nostra capacità di contrastare le infezioni, ed anche il sistema cardiocircolatorio ne risente. Una sana alimentazione, l’esercizio fisico, migliorare la capacità di coping ed incrementare la resilienza risultano fondamentali per rinforzare le nostre difese. In psicologia, il termine “coping” indica l’insieme dei meccanismi psicologici adattativi messi in atto da un individuo per fronteggiare problemi emotivi, interpersonali ed esistenziali, allo scopo di gestire, ridurre o tollerare lo stress.
Eventi stressanti di elevata entità, come la pandemia da Coronavirus, possono avere ricadute differenti in base alla personalità, alle caratteristiche individuali e alla situazione familiare.
Uno dei miei pensieri è rivolto alle donne vittime di violenza domestica. La convivenza forzata può portare a situazioni di tensioni e conflitti maggiori rispetto a quelle che si verificavano già in precedenza. Attualmente viene anche a mancare a queste donne il sostegno sociale che ruotava normalmente intorno ai loro nuclei familiari. Alcune donne in difficoltà potrebbero sperimentare maggiore vergogna a chiedere aiuto perché, oltre ad una già rilevante stigmatizzazione nei confronti di questo genere di problemi, esse potrebbero pensare che la loro difficoltà è meno importante dell’attuale emergenza sanitaria e, di conseguenza, sperimentare un senso di colpa alla base della ricerca d’aiuto.
Vorrei ricordare che i centri antiviolenza non smettono di rispondere telefonicamente.
Anche in altre case la situazione può risultare drammatica: gli adolescenti sono sempre più insofferenti, nervosi e non ascoltano più i genitori. Non trovando il modo di sfogarsi, i ragazzi finiscono per chiudersi in camera e stare al computer o allo smartphone tutto il tempo: aumenta così la dipendenza tecnologica. Molti adolescenti si sentono soli e cercano in rete una compagnia. I genitori li “scusano”, pensano che il figlio o esce o sta al pc/cellulare e allora, tra le due opzioni, è meglio la seconda. Il risultato è che i ragazzi non hanno più orari né regole: c’è chi mangia davanti al computer, chi sta connesso tutta la notte e poi dorme fino a tarda mattinata. Gli adolescenti pensano di essere oggi in uno spazio-tempo diverso, come se questa non fosse la vera realtà. Quando si tornerà alla normalità, pero’, questi comportamenti disfunzionali avranno grosse conseguenze. Le lezioni online determinano poi la necessità di restare connessi per studiare, fare i compiti e controllare le chat di classe. Mamma e papà non potranno perciò minacciare di sequestrare l’apparecchio tecnologico. Inoltre, non essendoci la possibilità’ di instaurare rapporti sentimentali reali, aumenteranno le relazioni virtuali e il sexting, l’invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite internet o telefono cellulare. Tutto questo è espressione di forte disagio: tra gli adolescenti assistiamo ad un aumento dell’autolesionismo, dei disturbi alimentari e dei disturbi del sonno. Il consiglio fondamentale è ascoltarsi, aprire un dialogo che non sia giudicante, fare attività tutti insieme, provando a intercettare gli interessi dei ragazzi. Infine, è importante mantenere sempre salde alcune regole imprescindibili.
Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre.
Bibliografia
Goethe J.W., I dolori del giovane Werther, Grazanti, 2008, 121, Busi A.
Mancini P., Marini R., Le comunicazioni di massa. Teorie, contenuti, effetti, Carocci, 2006, 269
Tessarolo M., La comunicazione interpersonale, Laterza, 2007, 167