Coronavirus: i problemi più complessi hanno soluzioni semplici

Il Coronavirus ci spaventa. E’ giusto avere paura. Quando sperimentiamo un sentimento di paura per qualcosa di reale, contemporaneamente evochiamo le angosce più profonde del nostro inconscio. La paura del contagio fa sì che ognuno possa essere, anche inconsapevolmente, un untore. In alcuni casi ciò viene amplificato, stimola in noi angosce paranoidee e di conseguenza diffidiamo di chiunque incontriamo per strada o al supermercato. In questi casi si determina una confusione tra rischio reale e rischio percepito. Nella fantasia paranoidea “l’altro” viene considerato pericoloso a prescindere dal fatto che sia o meno portatore del virus.

L’aver perso la libertà di uscire, di andare al mare, di frequentare i nostri amici, di poterci salutare con un abbraccio, viene percepito dalla nostra psiche come un lutto, che inevitabilmente suscita in noi stati depressivi, anche in persone che non hanno mai sperimentato questa patologia. A complicare questo aspetto c’è l’angoscia del non sapere quando la quarantena finirà.

Chi, ad esempio, soffre di fobia da contaminazione e chi ha un disturbo evitante di personalità vede realizzarsi nella realtà il proprio modo di vivere problematico. In base ad un particolare meccanismo, che lega a livello inconscio paura e desiderio, è possibile per alcune persone realizzare una specie di “timorgaudium”, una gioia inconscia di vedere realizzate le proprie paure. Per cui, chi soffre di fobia da contaminazione potrebbe tra sé esclamare: avevo ragione io! L’asociale potrebbe invece pensare: beh, adesso tutti vivete quello che io prevedo da sempre!

Immagino una ripresa graduale della vita sociale e lavorativa. Il rischio percepito è quello di affiancare ad una pandemia da Covid 19 un’epidemia psichica. Effettivamente, quando sarà possibile uscire liberamente, uno dei pericoli sarà l’agorafobia, per la quale la casa può essere intesa come un luogo sicuro e protettivo, mentre il mondo esterno potrebbe essere visto come pericoloso e contenitore delle angosce paranoidee di cui parlavo precedentemente. La psicoanalisi ci insegna che le fobie sono sempre il vissuto cosciente di conflitti interiori ed inconsci. Ognuno di noi può essere portatore di conflitti, tale situazione potrebbe amplificarli e potenzialmente trasformarli in una fobia.

Jung sosteneva che la salute psichica corrisponde al percorso di individuazione: il processo che ci consente di divenire noi stessi. In un periodo come questo è fondamentale investire costruttivamente sulla nostra Persona: aggiorniamoci sul lavoro, coltiviamo una passione (meglio se artistico/creativa) e riflettiamo in generale sul nostro percorso di vita. Può essere utile stabilire un miglior rapporto con il nostro mondo interno, sfruttiamo l’occasione di stare più tempo con noi stessi. Le infezioni aggrediscono maggiormente gli individui “deboli”, intesi come un’unità corpo/mente. Diventa quindi fondamentale una buona igiene mentale, che ci liberi da cattive abitudini psicologiche (pensieri negativi, overdose di informazioni ingannevoli o distorte, fantasie di complotto).

Albert Einstein era solito dire che era grato alla vita per aver incontrato tante persone che non credevano in lui. Sigmund Freud disse di essere un uomo fortunato perché nella vita niente gli fu facile. Thomas A. Edison disse: “Non ho fallito, ho solo scoperto 999 modi di non fare una lampadina”. Per tali “geni” ogni errore, ogni evento negativo o fallimento, è diventato carburante che ha alimentato la loro perseveranza. Ciò non significa che non abbiano sofferto quando le cose non sono andate come avrebbero voluto, ma hanno deciso di trasformare quel dolore in un incoraggiamento ad andare avanti. A volte si tratta solo di cambiare prospettiva. Secoli fa Seneca ci avvertì che: “L’imprevisto ha effetti schiaccianti, aggiungendosi al peso del disastro”. Ecco perché gli stoici incoraggiavano a prepararsi al peggio nel migliore dei modi.

Conosci la metafora del tappeto?

Ogni tappeto ha due lati. Se ci limitiamo a guardare il lato inferiore, quello a contatto con il pavimento, vedremo solo un groviglio di fili senza senso, non riusciremo a trovare il significato o vedere il disegno.

Stiamo osservando dal punto di vista sbagliato, una prospettiva che ci fa trarre conclusioni errate e che alimentano una sofferenza inutile. Bisogna avere la forza di capire che possiamo girare il tappeto e osservarlo davanti: potremo non solo scoprirne il disegno, ma anche rimanerne meravigliati. Questa è la resilienza: essere riusciti a fronteggiare efficacemente le avversità e a dare nuovo slancio alla nostra esistenza.

Bisogna distinguere tra sofferenza utile e inutile. La sofferenza inutile alimenta tristezza, odio, rabbia, risentimento e ci fa annegare in un mare di lamentele; la sofferenza utile ci fa andare in frantumi, per poi ricomporci acquisendo una nuova forma migliore della precedente.

Come diceva lo psicoanalista Viktor Emil Frankl: “una situazione esterna eccezionalmente difficile offre all’uomo l’opportunità di crescere spiritualmente oltre se stesso”. Non possiamo scegliere le circostanze che ci è toccato vivere, ma possiamo scegliere come reagire e quale atteggiamento mantenere.

Non rendiamo vana nessuna esperienza, neanche la peggiore.

Voglio immaginare un grande abbraccio, che unisca il nostro mondo interno alla realtà circostante in una rinnovata visione di “Anima Mundi”.

Bibliografia                                                                                                           

Jung C.G., Coscienza, inconscio e individuazione, Bollati Boringhieri, 2013, 144, Baruffi L.

Seneca, Lettere a Lucilio, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1974, 1100

Frankl V.E., Alla ricerca di un significato della vita, Ugo Mursia Editore, 2012, 150

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